Bonifacio I
a cura di AXEL GORIA
Scheda pubblicata in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XII, Roma 1970, pp. 118-124.
La presente scheda è stata inserita grazie alla autorizzazione rilasciata dall’ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA fondata da Giovanni Treccani [Prot. 495/04/DE del 19 novembre 2004] che si ringrazia per la disponibilità.
Terzogenito, tra i figli maschi, del marchese Guglielmo V (alias III, alias IV) e di Iulita d’Austria, sorella uterina di Corrado III, re dei Romani, nacque verso la metà del sec. XII. E’ assai probabile che nella giovinezza abbia partecipato alle guerre combattute dal padre contro i comuni di Asti, Vercelli e Alessandria. Per la prima volta è ricordato, quale teste, in un privilegio dell’imperatore Federico I, datato da Torino il 14 giugno 1178. Verso la fine del 1179, o, al più tardi, all’inizio del gennaio 1180 raggiunse nella Tuscia meridionale il fratello Corrado e lo assistette nelle trattative con l’arcivescovo Cristiano di Magonza, cancelliere imperiale, da Corrado fatto prigioniero per vendetta, qualche tempo prima, presso Camerino. Nell’attesa che i patti stipulati avessero adempimento, poiché Corrado si recò a Costantinopoli, B. ebbe in custodia l’illustre prigioniero, che fu poi liberato verso la fine del 1180 o al principio del 1181. Nulla sappiamo sull’attività di B. negli anni immediatamente successivi; certo non era nel Monferrato nel 1182. Non è forse lontana dal vero l’ipotesi che proprio in questi anni debbano collocarsi le cavalleresche imprese giovanili in Liguria, a cui accenna Rambaldo di Vaqueiras nella terza lassa della celebre epistola (cfr. Ugolini, La poesia provenzale, pp. 30-33). Bisogna giungere al 3 sett. 1184 (la donazione del 25, o 26, nov. 1183 al monastero di Lucedio è, probabilmente, un falso) per avere una nuova notizia sicura relativa a Bonifacio. In tale giorno, insieme con il padre, non ancora partito, dunque, per la Terrasanta, B. rinunziò in Pavia, in cambio di 20 lire pavesi, a qualsiasi pretesa sui beni della Chiesa di Casale in Cinaglio. Il 17 maggio 1185 si trovava a Crema presso l’imperatore Federico I. Partito il vecchio Guglielmo alla volta dell’Oriente, B., con il fratello Corrado, ne confermò il 30 ag. 1185 le donazioni al monastero di Rocca delle Donne. Il 5 marzo 1186 i due fratelli erano presso il Barbarossa a Novara; in principio del giugno, poi, solo B. seguì l’imperatore nell’impresa contro Castel Manfredo. L’8 settembre era ad Annone (ora Castel d’Annone), dove, alla presenza del castellano imperiale Tommaso, ricevette la rinunzia al feudo di Briono (borgo ora scomparso) da parte di coloro ai quali egli stesso, con il padre, l’aveva assegnato. Il 15 ottobre in Rocca delle Donne una certa signora Pesce gli cedette ogni suo diritto sul castello di Mombercelli. Nel marzo dell’anno 1187 (se non già del 1186), insieme con il fratello, fu testimone in Asti alla vendita della Valle di Stura effettuata da parte del marchese di Saluzzo al re dei Romani Enrico VI. Partito, subito dopo, anche Corrado alla volta dell’Oriente, B. ebbe il pieno governo del marchesato. Cercò di affermare la sua autorità sui marchesi d’Incisa, facendosi cedere da uno di loro, Alberto, il castello di Montaldo (ora Montaldo Scarampi), il cui possesso gli fu confermato da Enrico VI; s’oppose però il Comune di Asti che l’obbligò a farvi pubblica rinunzia il 26 ag. 1188.
Il prestigio di B., in ogni modo, doveva essere alto se Umberto III di Savoia, conte di Morienna, prima di morire (4 marzo 1189), lo volle membro del Consiglio di reggenza per il figlio minorenne Tommaso I, nella speranza che egli avrebbe saputo riconciliare il pupillo con la casa di Svevia. Infatti B., passate immediatamente le Alpi, nella primavera si recò a Basilea, dove si trovava Enrico VI. Conseguito lo scopo della missione, tornò presso il pupillo e il 12 giugno assistette ad un suo atto in favore della Chiesa di S. Giovanni di Morienna; lo accompagnò poi a Susa, dove il 15 giugno, con il suo consenso, Tommaso concedette una salvaguardia ai certosini di Losa. Nel luglio del 1190 B. e il pupillo erano a Fulda presso Enrico VI, probabilmente per l’omaggio feudale e l’investitura di Tommaso. Non sappiamo quando siano tornati in Italia.
Il 18 e il 19 genn. 1191 B. era con il re dei Romani a Lodi; in seguito lo accompagnò a Bologna, dove l’11 febbraio ottenne da Enrico la messa al bando dei marchesi d’Incisa e l’ordine a tutti i loro vassalli di prestare a lui, B., giuramento di fedeltà entro un mese. Il 12 febbraio B. era ancora a Bologna, ma è probabile che, invece di seguire Enrico a Roma per l’incoronazione imperiale, sia tornato poco dopo nei suoi domini ed abbia tentato d’impadronirsi dei beni degli Incisa. Certo, verso la fine della primavera era in aperta guerra con gli Alessandrini e gli Astigiani, ch’egli sconfisse gravemente presso Montiglio il 19 giugno; un po’ prima, o poco dopo, si combatté anche a Malamorte (ora Belveglio). Il 25 agosto venne stipulata una tregua che doveva durare fino all’11 nov. 1192.
Probabilmente per desiderio di Enrico VI, che voleva la formazione di una lega ghibellina da contrapporre a quella facente capo a Milano, il 24 sett. 1191 B. stipulò in Breme un trattato di alleanza difensiva con i Comuni di Pavia, Cremona e Bergamo, a cui il 7 dicembre aderirono anche quelli di Como e di Lodi. In premio del suo zelo l`8 dicembre in Milano l’imperatore concesse a B. un privilegio con cui gli confermava in feudo i luoghi di Gamondio, Marengo e Foro, con tutti i diritti già riconosciuti dal Barbarossa a Guglielmo V.
Intanto, morto, probabilmente nell’estate del 1191, il padre e assassinato il 28 apr. 1192 in Oriente il fratello Corrado, B. e suo figlio Guglielmo, nato verosimilmente nella terz’ultima decade del sec. XII da una donna della famiglia dei marchesi del Bosco, erano rimasti gli unici rappresentanti maschili della dinastia monferrina. Nel 1192 B., che il 19 nov. 1191 aveva acquistato da Ottone del Carretto l’alta signoria su Albisola, cercò di rafforzare le sue posizioni nel Piemonte meridionale, dove già poteva contare sull’alleanza del cognato Manfredo Il di Saluzzo e del Comune d’Alba, facendosi cedere il 5 luglio da Berengario, marchese di Busca, la metà del castello e del borgo di Cossano Belbo e un sedicesimo della contea di Loreto, che gli ridiede poi in feudo diretto. Ne derivò un riacutizzarsi della tensione con Asti. Non sappiamo se nell’autunno e nell’inverno vi siano stati scontri militari; certo è che l’11 apr. 1193, dopo non brevi trattative, si giunse ad una pace più favorevole ad Asti che al marchese. Nel giugno B. dovette accorrere in aiuto dei suoi alleati lombardi contro Milano; fallita la campagna militare, il 26 dello stesso mese in Pavia s’impegnò a chiudere il suo territorio al commercio milanese. Poco dopo il marchese di Monferrato partì alla volta della Germania; il 16 settembre era a Kaiserslautern. presso l’imperatore, che lo trattenne a lungo presso di sé, e il 4 dicembre in Gelnhausen gli concesse in feudo la tanto desiderata Cesarea (Alessandria). Forse B. ebbe parte nelle trattative tra Enrico VI e il prigioniero Riccardo I d’Inghilterra; certo dopo la liberazione di quest’ultimo, avendo avuta da lui una promessa di redditi feudali, B. gli prestò il 4 febbr. 1194 l’omaggio dovuto. Risulta che, per i diritti così acquisiti, un versamento di 800 lire gli venne fatto da parte inglese nell’anno 1197.
Al ritorno del marchese in Italia (fine inverno o inizio primavera 1194), i Comuni di Asti e di Vercelli il 9 maggio strinsero un’alleanza difensiva contro di lui; il giorno antecedente gli Astigiani gli avevano già fatto notificare un monito a non fare acquisti nella contea di Loreto da Manfredo Lancia. L’imminenza della spedizione imperiale per la conquista del Regno di Sicilia impedì però a B. di accettare la sfida.
Disceso Enrico VI attraverso lo Splugà verso la fine di maggio, il 3 giugno B. era presso di lui a Piacenza; nella seconda metà di luglio lo seguì a Genova, assistendolo nelle trattative per avere l’appoggio della flotta genovese. Per procurarsi del denaro, nella città ligure il marchese ven. dette a Pietro Costanzo, influente cittadino d’Alba, quanto possedeva in Marcenasco e a un gruppo di banchieri astigiani i suoi diritti sul castello di Felizzano. Verso la metà di agosto B. s’imbarcò sulla flotta genovese, assumendo, con il podestà di Genova e il siniscalco imperiale Marcualdo d’Annweiler, il comando della spedizione. Gaeta, dove la spedizione giunse circa il 21 agosto, s’arrese ai tre comandanti, anche Napoli l’imitò tre giorni dopo.
Il 1° settembre la flotta raggiunse Messina. Quivi B. si trovò dapprima coinvolto nelle furiose lotte scoppiate tra Genovesi e Pisani. In seguito partecipò, con funzioni di legato imperiale, alla campagna per la conquista della Sicilia orientale. Nella marcia su Palermo, iniziata dopo l’arrivo di Enrico VI a Messina, il marchese ebbe, a quanto risulta dal verso 118 dei Gesta Heinrici VI (Mon. Germ. Hist., Script., XXII, a cura di G. Waitz, Hannoverae 1872, p. 337), il comando dell’avanguardia. Il 20 novembre era con l’imperatore nella conquistata Palermo, dove il 25 dicembre assistette all’incoronazione; poi seguì Enrico nella sua marcia di ritorno verso l’Italia settentrionale.
L’alta considerazione in cui il B. veniva tenuto da Enrico VI è testimoniata dal fatto che nei diplomi imperiali il suo nome figura, in genere, primo tra quelli dei testi laici, compreso il fratello dell’imperatore. li 4 giugno 1195 era con l’imperatore a Milano; il 6 fu ancora testimone in Como a un diploma di Enrico per il Comune di Cremona. Poco dopo, probabilmente, si congedò dall’imperatore e raggiunse il Monferrato; infatti lo troviamo il 25 dicembre a Moncalvo e il 27 febbr. 1196 a Chivasso. Il 26 luglio 1196 era di nuovo presso l’imperatore a Torino; al principio d’agosto lo seguì a Pavia e a Milano, in settembre a Piacenza e poi a Fornovo, dove si trovava ancora il 30 settembre.
Tornato nel marchesato, B. ebbe da Manfredi I Lancia la cessione di Dogliani e della parte che spettava al Lancia nella contea di Loreto e in alcune altre località viicine. B. diede in cambio al Lancia non è chiaro se 500 o 5.000 once d’oro. Tutte le controversie tra Asti e il marchese furono deferite, certo per volere di Enrico VI, a una commissione arbitrale presie duta da Tommaso d’Annone. Com’era prevedibile, il lodo, emesso in Alba l’11 febbr. 1197, era sostanzialmente favorevole al marchese. B. ebbe la cittadinanza astigiana e in Asti comprò una casa; stando in essa, già il 17 febbraio vendette per 800 lire genovesi il castello e il borgo di Calliano ad Ottone Rappa d’Alba e ad alcuni cittadini astigiani. Evidentemente era sempre a corto di denaro, se nello stesso 1197 il Comune di Vercelli, rinnovando un’ordinanza del 1194, vietò ai Vercellesi di concedere prestiti al marchese.
Lo stesso giorno in cui avevano emesso il lodo sulle vertenze tra Asti e B., gli arbitri avevano stabilito che quest’ultimo fosse accolto come cittadino di Alba e che gli Albesi s’impegnassero ad assisterlo militarmente contro chicchessia. I pochi documenti superstiti mostrano chiaramente che si mirava a costituire nel Piemontemeridionale un blocco antiastigiano capitanato dal marchese. Ma alla morte prematura di Enrico VI (28 Sett. 1197) Asti passò immediatamente alla controffensiva. Già il 30 ottobre essa strinse un’alleanza antimonferrina con Alessandria; al principio di dicembre strappò a Tommaso il castello d’Annone. B. s’era preparato alla lotta, inducendo nel novembre Manfredi Lancia a fare concessioni ai suoi uomini di Castagnole e di Dogliani, e dando il 6 dicembre in feudo al nipote Bonifacio di Saluzzo, con alcuni altri borghi, la valle di Stura, cedutagli probabilmente da Enrico VI. Inoltre si assicurò l’appoggio degli abitanti di Casale e di Paciliano, nonché dei signori di Cavagnolo, e intrecciò buoni rapporti con Ivrea. Ciò affrettò, forse, l’adesione di Vercelli alla lega antimonferrina (15 marzo 1198).
In primavera i nemici del marchese passarono dappertutto all’azione: il 2 aprile gli uomini di Paciliano erano costretti a defezionare e a promettere di far guerra al marchese; poco dopo glì Astigiani e gli Alessandrini s’impadronirono di Castagnole Lanze, facendo prigioniero il Lancia, e si allearono ad Asti contro B. i signori di Manzano, Sarmatorio e Monfalcone; il 9 giugno fece altrettanto Ruffino di Gorzano. Il 4 luglio i marchesi di Occimiano, che avevano molte rivendicazioni da far valere contro B., si fecero cittadini di Alessandria e misero a disposizione di questa, per la guerra, i loro castelli. Al principio del settembre passarono ai nemici i Casalesi. L’alleanza antialessandrina che B. strinse con Acqui il 12 giugno e quella in senso antivercellese con Ivrea dei 24 ott. 1198 non erano certo sufficienti a compensarlo delle perdite e defezioni subite.
Al principio dei 1199 offrirono, probabilmente, i loro uffici arbitrali i Comuni di Milano e Piacenza, dietro i quali stava la lega lombarda; il 14 marzo B. e suo figlio Guglielmo si rimisero alle loro decisioni. Le città nemiche accettarono l’arbitrato pochi giorni dopo. Il 28 o il 29 marzo gli ambasciatori milanesi e piacentini, in un convegno presso Pontestura, imposero alle parti una tregua fino all’ottava di Pasqua, tregua prorogata poi più volte. In attesa della sentenza definitiva, il 12 o il 13 giugno il marchese dovette rassegnarsi a contrarre alleanza, oltre che con i tre Comuni già suoi avversari, anche con Milano e Piacenza, e il 15 giugno dovette partecipare personalmente a una spedizione dei Milanesi e dei loro amici nel Bergamasco contro i suoi vecchi alleati del 1191-1193.
Nella seconda metà del 1199 B. si recò in Germania al fine di tentare un compromesso tra Filippo di Svevia e Ottone di Brunswick; però non riuscì a indurre Ottone a un colloquio con Filippo. Era certamente in Italia l’11 marzo 1200, quando lo troviamo ad Ivrea, teste al giuramento dell’abitacolo da parte dei signori di Bard. Il 18 maggio in Bra promise la sua assistenza militare ai signori del luogo che, su sollecitazione sua e degli Albesi, stavano per scendere in campo contro Asti. Il 27 ottobre ebbe un convegno presso Saluggia con i rappresentanti dei Comune di Vercelli e con gli arbitri millanesi, ma non volle ascoltare la lettura del lodo. Null’altro sappiamo sulla guerra con Asti, se non che gli Albesi furono costretti a far la pace il 22 maggio 1201 con gli avversari, promettendo di aiutarli contro il marchese a partire dal prossimo 10 agosto.
Un evento imprevisto pose termine, nell’estate 1201, a queste estenuanti guerre con i Comuni vicini, quando B. fu chiamato a sostituire Tebaldo III, conte di Champagne, capo supremo designato della crociata in preparazione, morto nel maggio. Il marchese partì nell’agosto 1201 alla volta di Soissons, passando prima per Parigi, dove discusse con Filippo II Augusto non solo della crociata, ma anche della questione imperiale in Occidente; dal re B. ebbe l’incarico di una missione diplomatica a Roma per tentare d’indurre il papa a recedere dall’opposizione a Filippo di Svevia.
A Soissons, circa il 10 setterribre, B. accettò ufficialmente il comando dell’armata, ricevette la croce dal vescovo della città ed ebbe in consegna i fondi raccolti. Prima di tornare nel Monferrato, fece una deviazione in Germania e s’incontrò ad Hagenau con Filippo di Svevia, con cui passò il Natale. Se nei loro colloqui sia stata preparata la deviazione della spedizione crociata su Costantinopoli non siamo in grado di stabilire, dato il silenzio delle fonti.
Al principio del 1202 B. tornò in Italia, ma ben poco tempo si fermò nel marchesato, perché in marzo andò a Roma, sia per compiere la missione: affidatagli dal re di Francia, sia per prendere accordi con il papa circa la crociata. Durante il viaggio di ritorno tentò invano, il 21 aprile, a Lerici, di svolgere azione mediatrice tra le repubbliche di Genova e di Pisa. Rientrato nel Monferrato, volle liquidare le vertenze con Vercelli. Il 16 maggio, recatosi in quella città, promise di osservare quello stesso lodo del Comune di Milano, che, circa venti mesi prima, non aveva voluto ascoltare; in risarcimento dei danni subiti dai Vercellesi versò agli stessi 1000 lire pavesi e il 7 giugno li esonerò dal pagamento di qualsiasi pedaggio per transito d’acqua in tutto il marchesato. Per procurarsi, poi, un po’ di denaro, il 22 luglio vendette al Comune di Vercelli per 7000 lire pavesi il borgo e il castello di Trino e il bosco di Lucedio, e per 3000 lire il borgo e il castello di Pontestura, riservando però a sé e ai propri familiari il diritto di riscatto entro cinque anni. Tornò a Vercelli il 25 luglio per assistere alla conclusione delle trattative per il matrimonio di suo nipote Bonifacio di Saluzzo con Maria di Sardegna. Quanto ai Comuni di Alessandria e di Asti, il 9 agosto, prendendo congedo dal figlio in Pavia, B. promise che avrebbe ratificato i patti che egli avesse stipulato durante la sua assenza. A Venezia, dove giunse il 15 agosto, B. assunse il comando della spedizione, comando più nominale, a dire il vero, che effettivo, perché tutte le deliberazioni importanti furono prese sempre collegialmente dai più autorevoli fra i crociati. Egli non partì tuttavia con il grosso dell’armata nell’ottobre, né partecipò all’impresa contro Zara. Il motivo è ignoto. Il Villehardouin (c. 79, in ediz. Faral, p. 80) accenna ad un affare che il marchese avrebbe dovuto ancora sbrigare; forse B. rimase a Venezia per trattare con gli inviati di Filippo di Svevia e del giovane Alessio Angelo circa la proposta di un intervento a Costantinopoli. Al campo presso Zara egli comparve solo in dicembre; nel gennaio 1203 riuscì a convincere, con l’appoggio del doge veneziano, i capi crociati a stringere l’accordo con gli inviati di Alessio. Quando arrivò al campo la bolla papale di scomunica contro i Veneziani, che non volevano piegarsi alla volontà di Imocenzo III circa la sorte di Zara, B. ne impedì la pubblicazione; con il papa si scusò allegando il timore di una disgregazione dell’esercito. Salpata la flotta verso il 20 aprile, il marchese, con il doge, attese a Zara l’arrivo di Alessio, con il quale, circa il 19 maggio, raggiunse il grosso dell’esercito a Corfù, dove si diede da fare per vincere le esitazioni della massa dei crociati riluttanti all’impresa contro Costantinopoli.
Salpata da Corfù il 24 maggio, la flotta, dopo una breve sosta a Negroponte, giunse in vista di Costantinopoli circa un mese più tardi. Non avendo voluto i Costantinopolitani, nonostante le sollecitazioni, rovesciare l’usurpatore Alessio III, l’esercito crociato, dopo un breve assedio, diede il 17 luglio 1203 l’assalto alla città, che, fuggito nella notte Alessio III, s’arrese. Il marchese che, a quanto pare, durante la battaglia era stato a guardia del campo, il 18 accompagnò il giovane Alessio al palazzo imperiale. Dopo la solenne incoronazione di Alessio IV (1° agosto), B. a capo di una schiera di crociati lo seguì nella marcia ch’egli fece attraverso i territori dell’Impero per prenderne possesso, dandogli efficace aiuto a stroncare ogni resistenza. Al ritorno nella capitale (11 novembre), le relazioni tra gli Occidentali e i Greci s’erano assai guastate, e più tese ancora diventarono in seguito, per l’impossibilità in cui si trovava Alessio IV di mantenere le promesse fatte ai crociati. B., quasi certamente, cercò di fai da mediatore, ma l’insurrezione nazionalista greca, l’usurpazione di Murzuflo e l’uccisione di Alessio IV resero vana ogni speranza di conciliazione. Nel marzo 1204 B. e gli altri capi crociati s’accordarono con i Veneziani per la divisione dell’Impero. Dopo un nuovo assedio e ripetuti assalti, Costantinopoli il 13 aprile era di nuovo nelle mani dei crociati. Il marchese fu salutato dal clero greco e dalla folla bizantina quale nuovo basileus. Ma i Veneziani, che non intendevano vedere sul trono un potente feudatario dell’Italia settentrionale, parente di Filippo di Svevia e in buone relazioni con Genova, fecero sì che la scelta degli elettori cadesse su Baldovino di Fiandra. B. parve rassegnarsi, ma dopo l’incoronazione del rivale chiese che, in cambio delle province greche d’Asia, che avrebbe dovuto ottenere secondo i patti, gli fosse assegnato il regno di Salonicco. Poiché l’imperatore si dimostrò riluttante, B., che pochi giorni innanzi aveva sposato in seconde nozze Margherita d’Ungheria, vedova d’Isacco II Angelo ed ex basilissa con il nome di Maria, e ne aveva in tutela i figli, s’impadronì della città di Didimotico e assediò Adrianopoli, proponendo ai Greci di riconoscere come imperatore Emanuele, figlio primogenito di Maria e di Isacco II. Ad impedire una guerra tra crociati intervennero il doge e gli altri maggiorenti; Baldovino non poté opporsi a che fosse emesso un lodo. Il marchese si vide assegnata la Macedonia meridionale tra Mosinopoli e Salonicco, col titolo di regno di Salonicco, e, in più, una parte della Tessaglia, la Beozia, la Corinzia e l’Argolide, a patto che tenesse questi territori in feudo dall’imperatore. Mentre ancora assediava Adrianopoli, B. aveva rinunziato in favore di Venezia ai suoi diritti sull’isola di Creta, a lui concessa dal giovane Alessio, al feudo dato a suo padre dall’imperatore Manuele e alla stessa città di Salonicco, in cambio di mille marchi d’argento e di possessi nella parte occidentale dell’Impero che dessero un reddito annuo di diecimila iperperi d’oro. In realtà, però, dopo il lodo dei capi crociati, rimase, forse, valida solo la rinunzia a Creta, per cui B. aveva già avuto i mille marchi d’argento. Comunque, anche in seguito, B. talora usò il titolo di ” signore di Creta “.
Dopo il lodo, B. prese possesso senza contrasto della Macedonia meridionale. Stabilita una guarnigione a Salonicco e affidato il governo della città alla moglie, il marchese, accompagnato dal figliastro Emanuele, che serviva ad attirargli le simpatie dei Greci, s’inoltrò verso sud-ovest attraverso la Tessaglia, e vi fece prigioniero Alessio III, che più tardi mandò in Monferrato. Superate le Termopili, discese nella pianura beota, s’impadronì di Tebe e poi di Atene. Messi presidi anche nell’Eubea, occupò in seguito Corinto e pose l’assedio all’Acrocorinto e. poi, a Nauplia nell’Argolide. Via via che occupava territori li dava in feudo ai compagni d’arme con larghezza e imparzialità, fossero essi italiani o tedeschi, provenzali, borgognoni o fiamminghi.
A distoglierlo dall’assedio di Nauplia giunsero nell’estate del 1205 le notizie della ribellione di Salonicco, che aveva costretto la regina Maria a chiudersi nella fortezza, e dell’avanzata dei Bulgaro-Valacchi di Kalojan, che avevano invaso la Macedonia e preso Serre. Interrotto l’assedio, B. s’affrettò verso la capitale, ma quando vi giunse la trovò già tornata all’ubbidienza; verso la fine dell’estate anche le truppe di Kalojan si ritirarono senza tentare l’attacco. B. ne approfittò per riordinare il regno e rimettere in stato di difesa la Macedonia contro eventuali nuove incursioni.
Dalle nozze con l’ex imperatrice Maria, convertita ora alla religione cattolica, gli era intanto nato un erede che, dal nome del santo protettore di Salonicco, egli volle chiamato Demetrio.
Conscio dell’opportunità di un fronte compatto dei Latini contro i bellicosi Bulgaro-Valacchi, B. nel 1206 si riavvicinò ad Enrico di Fiandra, fratello di Baldovino e suo successore, prima come reggente e poi, dal 20 ag. 1206, come imperatore, offrendogli in moglie, per mezzo di Ottone de la Roche, a cui aveva dato la signoria di Atene, la figlia Agnese. Il matrimonio venne celebrato con grande solennità in S. Sofia il 4 febbr. 1207, in assenza di B., occupato nelle opere di riedificazione e fortificazione nella regione di Serre e di Drama. Nell’estate del 1207 B. s’incontrò presso Ipsala, sulla riva sinistra della Maritza, con il genero, a cui prestò l’omaggio feudale. Furono presi accordi per un’azione comune nell’ottobre contro i Bulgari. Rientrato a Mosinopoli, decise di compiere una incursione nella regione dei Rodopi contro bande di predoni bulgari. Durante il ritorno, la sua retroguardia fu assalita; mentre cercava di soccorrerla B. venne trucidato dai Bulgari (4 sett. 1207).
FONTI E BIBL.: Per il periodo anteriore alla partenza per la crociata si rinvia a D. Brader, Bonifaz von Montferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin 1907. Qui sono indicate soltanto le edizioni o riedizioni di fonti e la bibliografia apparse posteriormente, oppure edizioni ignorate dal Brader: P. Terelli, I Patti della liberazione dell’arcivescovo cristiano di Magonza, in Miscellanea di storia italiana, s. 3, XIII, Torino 1908, pp. 321-344; C. Manaresi, Gli atti del Comune di Milano fino all’anno MCCXVI, Milano 1919, nn. CLI s., CCXII-CCXXI, CCXXIX-CCXXXIII; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, II, a cura di L. T. Belgrano e C. Imperiale di Sant’Angelo, Roma 1901, in Fonti per la storia d’Italia, XII, pp. 46-50, 83, 88 s., 95; Poesie Provenzali storiche relative all’Italia, a cura di V. De Bartholomaeis, I, Roma 1931, pp. 43-45, 47-49, 56 s., 72-82. 92-96. 100, 103, 110, 125-159; F. A. Ugolini, La Poesia Provenzale e l’Italia, Modena 1939, pp. 7-10, 17-47. Non pochi atti concernenti B. sono stati editi, o riediti, nei volumi XVI, XXII, XXXI, XXXVII, XL, XLII, XLIV, XLVIII, LXIX, LXXIV, LXXXIX, XCV, CXIII, CXV, CXVII, CXXIV, CXLV, CXLVI, CLXXVIII, della Biblioteca della Società storica subalpina, Pinerolo-Torino 1906-1956, ad Indices.
I due volumi di L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, editi postumi a cura di C. Patrucco, Torino 1926, illustrano molto più ampiamente l’attività di B. durante la crociata e negli anni successivi che non quella svolta prima dell’agosto 1202. La fase italiana è abbastanza lumeggiata in F. Cognasso, Tommaso I ed Amedeo IV, Torino 1940. I, pp. 145-149, 151, 155-157, 165-171, 182, 185-189, 191-199, 203-211, 241, 252-256, 258-259, 274, 289-296, 304-306, e in Id., Il Piemonte nell’età sveva, Torino 1968, pp. 264-434, passim. Non tutte esatte sono le notizie su B. in L. Salvatorelli, L’Italia comunale. Milano 1940, pp. 382, 387s.. 390, 408. 435, 442, 445.
Per le fonti e la bibliografia concernenti la IV crociata si veda H. E. Mayer, Bibliographie zur Geschichte der Kreuzzüge, Hannover 1960, passim. Un’ampia rassegna delle fonti è nella prefazione di E. Faral all’edizione da lui curata di G. de Villehardouin, La conquête de Constantinople, Paris 1938-39. Della vastissima bibliografia si indicano qui soltanto alcune fra le opere più recenti, ricche anch’esse di notizie bibliografiche: J. Longnon, L’Empire latin de Constantinople et la Principauté de Morée, Paris 1949, pp. 19, 28 s., 32, 34-36, 38, 42, 44, 46 s., 49-51, 55, 58-64, 66, 69-77, 82, 89, 91 s., 97, 99 a.; A. A. Vasiliev, History of the Byzantine Empire (324-1453), Madison, Wisc., 1952, pp. 453-468; A. Frolow, La déviation de la 4e Croisade vers Constantinople. Problème d’histoire et de doctrine, in Revue de l’histoire des religions, CXLV (1954), pp. 168-187; CXLVI (1954), pp. 67-89, 194-219; S. Runciman. A History of the Crusades, III, Cambridge 1955, pp. 110-126, A History of the Crusades, a cura di K. M. Setton. M. W. Baldwin, R. L. Wolff, R. W. Hazard, J. O. Sultivan, N. P. Zacour, G. C. Boyce, II, Philadelphia 1962, pp. 164-178, 182-185, 188-190, 192, 201-207, 236, 238, 240, 793; F. Cognasso, Storia delle crociate, [Milano] 1967, pp. 705-751. È da consultare con molta cautela, per le non poche inesattezze contenute, L. Bréhier, Boniface de Montferrat, in Dict. d’Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, Paris 1935, coll. 958-966.