Ranieri
a cura di ALDO ANGELO SETTIA
1. I legami familiari
Ranieri, primo marchese a essere ufficialmente designato con il predicato “di Monferrato” fu il secondo figlio del marchese Guglielmo (III) detto “di Ravenna” e della sua seconda moglie Otta de Aglendo; fratelli di Ranieri furono Enrico detto “il Balbo”, nato dalla prima moglie, e Guglielmo (IV) detto “Inforzato”, entrambi morti prima del 1126. Non conosciamo l’anno di nascita, ma doveva aver raggiunto la maggiore età poco prima del 1100 quando, insieme con il fratello Guglielmo e con la madre ormai vedova, donava in memoria del padre alla canonica di S. Eusebio di Vercelli terre poste in Cornale e in Matasco (presso Camino Monferrato) nonché un mulino natante sul Po.
Forse già prima del 1108 Ranieri sposò Gisella (o Gisla) figlia di Guglielmo di Borgogna, il cui fratello, Guido, divenne in seguito papa con il nome di Callisto II; Gisella, vedova del conte Umberto II di Savoia, era già madre del futuro conte di Savoia Amedeo III, e di Adelaide che sposò in seguito il re di Francia Luigi VI. Si trattò dunque di un matrimonio con il quale i marchesi di Monferrato contraevano parentela con la più prestigiosa e potente aristocrazia d’Europa.
Dall’unione nacquero quattro femmine e un maschio, Guglielmo (V), che successe al padre divenendo un dei più celebri marchesi di Monferrato; tre delle figlie, a loro volta, contrassero nozze con importanti personaggi: Giovanna andò sposa nel 1127 al conte di Fiandra Guglielmo Cliton, Matilde al marchese Alberto di Parodi e la terza (di cui non si conosce il nome) a Guido conte di Biandrate; rimane però il dubbio che quest’ultima sia in realtà Giovanna che, rimasta presto vedova, si sia sposata una seconda volta, nel qual caso le figlie non sarebbero che tre. L’ultima, di nome Alasia, divenne monaca e fu badessa del monastero di S. Maria di Rocca delle Donne.
2. Al seguito dell’imperatore
Nell’ultima fase del conflitto, noto come lotta per le investiture, che oppose a lungo il papa e gli imperatori tedeschi, Ranieri pur rimanendo costantemente fedele al partito imperiale riuscì, nello stesso tempo, a non compromettersi nelle violenze esercitate contro il papa Pasquale II dall’imperatore Enrico V. Incontriamo il nostro marchese al suo seguito nel corso di entrambe le discese in Italia: il 23 marzo 1111, in specie, a Sutri, sulla strada verso Roma, sottoscrive come testimone, insieme con il vescovo di Vercelli, il marchese Manfredo di Romagnano e i conti Alberto di Biandrate e Guido di Canavese, il diploma concesso da Enrico V al comune di Torino. E’ appunto in questo documento che egli viene per la prima volta contraddistinto dall’espressione “de Monteferrato”.
Ranieri accompagna di nuovo Enrico nel corso della seconda discesa in Italia come documentano le sue sottoscrizioni (con i cugini Bonifacio del Vasto e Anselmo del Bosco) ad atti avvenuti in Reggio Emilia l’8 aprile 1116, e poi durante il soggiorno che l’imperatore fece, tra giugno e luglio dello stesso anno, in luoghi molto vicini alle terre di Ranieri: prima a Paciliano (ossia S. Germano presso Casale Monferrato) e poi nella corte regia di Bergoglio (oggi Alessandria).
Enrico V in un anno non precisato (ma certo prima della sua morte avvenuta nel 1125) concesse a Ranieri la supremazia su “ possessi, beni e dignità dei figli di Ardizzone”, cioè dei suoi cugini nati dallo zio Ardizzone (I), fratello di suo padre Guglielmo (III). I motivi della concessione non vengono espressi, sembra in ogni caso che per il momento Ranieri non abbia fatto valere tali diritti, come mostra il buon accordo che continuò ad esistere con i sui consanguinei.
3. L’esercizio del potere politico
Siamo nel periodo in cui vanno perfezionando la loro organizzazione e crescendo di potenza i comuni cittadini, con i quali inevitabilmente il marchese di Monferrato intrattiene rapporti ora amichevoli ora conflittuali. La donazione del 1100 alla canonica di Vercelli certo indirettamente sottintende relazioni politiche con questa città. Il 10 ottobre 1113 Ranieri, soggiornando in Asti, dona al locale monastero dei SS. Secondo e Giovanni Battista, dipendente da S. Benigno di Fruttuaria, la sua parte del lago detto Lagnicino, posto tra Solero e Felizzano; in quel momento egli era evidentemente in pace con quel comune, ma lo troviamo in urto con esso nel 1123 quando mette in fuga l’esercito astigiano.
Nel 1135 gli abitanti di Novi Ligure, impegnandosi a difendere gli interessi di Genova e Pavia, richiedono di non essere obbligati a combattere contro i marchesi Ranieri e Anselmo del Bosco che interessi, evidentemente, potevano ad essi contrapporsi. Rapporti alternativamente amichevoli e conflittuali Ranieri ebbe infatti con Genova prestandole prima servizi a Montaldo Bormida e sottraendole poi il castello di Parodi.
Il predicato stesso “di Monferrato” attribuito a Ranieri indica che egli fu il quarto successore di Aleramo nel dominio delle terre possedute in diocesi di Vercelli a cavallo del Po. I pochi documenti noti mostrano che egli risiedeva a Trino e a Mombello Monferrato, ma fra coloro che li sottoscrivono troviamo persone provenienti, oltre che da tali località, anche da Camino, Pontestura, Odengum (già presso Tonco), Genzano (presso S. Salvatore Monferrato), Ponzano, S. Giorgio, Moncalvo, Felizzano, Valenza, Villa del Foro, nonché da Barone e Romano Canavese.
Se dunque i principali centri di potere si trovavamo nelle terre a cavaliere del Po, gli interessi del nostro marchese si spingevano in Canavese e oltre il Tanaro e l’Orba, dove si incontravano e si scontravano con quelli degli altri rami della dinastia aleramica e, come si è visto, dei comuni cittadini che tendevano ad affermare la loro egemonia in quelle zone.
4. I rapporti con gli enti religiosi
Abbiamo già visto lo spirito religioso dimostrato in più occasioni da Ranieri con le donazioni fatte alla canonica di Vercelli e al monastero di Asti; un segno più preciso della particolare cura che gli Aleramici mostravano per l’organizzazione ecclesiastica dei loro territori è data dal gesto compiuto nel 1111 da Ranieri e dal suo consanguineo Oberto i quali, definendosi “imbevuti di spirito divino”, affidarono in via provvisoria ai canonici di S. Evasio di Casale la chiesa di S. Martino di Genzano, presso S. Salvatore, perché vi ristabilissero la regolarità del culto.
L’iniziativa più importante presa in questo campo da Ranieri e dalla sua famiglia consiste nella fondazione del monastero dinastico di S. Maria di Lucedio che fu il secondo dell’ordine cistercense sorto in Italia e destinato a durare nei secoli. A Trino il 4 gennaio 1126 Ranieri con i cugini Ardizzone e Bernardo, dotarono il nuovo monastero, situato “nel luogo di Lucedio presso il fiume Lamporo”, di due grandi appezzamenti di terra, possessi che vennero integrati da altra cospicua donazione fatta dal castello di Mombello il 28 marzo 1133 insieme con la moglie, il figlio Guglielmo e il cugino Ardizzone.
5. La fine
Non conosciamo con certezza la data di morte di Ranieri: doveva essere ancora vivo nel gennaio del 1135 quando gli abitanti di Novi Ligure promettono di non offendere le sue terre, ma non più il 24 maggio di quello stesso anno allorché Ardizzone (II) sottomise la sua parte di Felizzano al comune di Asti in odio al cugino Guglielmo (V) il quale era quindi già succeduto al padre. Alla sua morte questi avrebbe infatti preteso la soggezione feudale dei beni di Ardizzone, prevista a suo tempo dalla concessione di Enrico V, provocandone l’indignata reazione, la decisione di sottoporsi ad Asti, e la perdurante inimicizia fra i due rami della famiglia. Abbiamo la certezza della sua morte soltanto il 3 marzo 1141 quando papa Innocenzo II, confermando i possessi di S. Maria di Lucedio, ricorda le donazioni del marchese Ranieri “di illustre memoria”.
Il nome Ranieri, sino allora estraneo alla tradizione aleramica, proveniva probabilmente dalla famiglia materna e fu portato in seguito dal figlio minore di Guglielmo (V), nipote quindi del nostro marchese, morto in giovane età in Oriente; forse per questo il nome non ebbe seguito nel ramo principale della dinastia.
Bibliografia essenziale
F. SAVIO, Studi storici sul marchese Guglielmo III di Monferrato ed i suoi figli, con documenti inediti, Roma-Torino-Firenze 1885, pp. 13-26; F. GABOTTO, Gli Aleramici fino alla metà del secolo XII, I, Le origini aleramiche. La linea di Oddone, in “Rivista di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria”, XXVIII (1919), pp. 25-30; L. USSEGLIO, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, a cura di C. PATRUCCO, Casale Monferrato 1926, pp. 120-133 e 142-144; A.A. SETTIA, S. Maria di Lucedio e l’identità dinastica dei marchesi di Monferrato, in L’abbazia di Lucedio e l’ordine cistercense nell’Italia occidentale nei secoli XII e XIII. Atti del terzo congresso storico vercellese (Vercelli, 24-26 ottobre 1997), Vercelli 1999, pp. 45-57 (da integrare con Carte astigiane del secolo XIV, 1300-1308, a cura di P. DACQUINO, Asti 1983, doc. 135, pp. 238-239).