Carrara Giovanni Michele Alberto
(Alberti), Giovanni Michele Alberto di G. Ineichen in Dizionario biografico degli italiani, Cfr. www.treccani.it
[Il Prohemium del De constitutione mundi è dedicato a Bonifacio III, Marchese di Monferrato (Vinay, 147 – 148)]
Nacque a Bergamo nel 1438 da Guido, medico e umanista; era il secondo di quattro figli, ma il primo che il padre, vedovo della prima moglie, ebbe da Donnina Suardi. Il C. si considerò discendente dai Carrara di Padova, ma, in realtà, la sua famiglia era oriunda delle valli bergamasche.
Il padre del C., Guido, fu famoso tanto per la sua competenza nell’arte medica che per il suo eccezionale sapere enciclopedico. Dopo la morte di Simona Valvassore, da lui sposata in prime nozze, sposò Donnina Suardi. Fondò, nel 1446, il Collegio dei medici di Bergamo; morì a Bergamo nel 1457. L’unica opera a noi nota si trova in un codice miscellaneo di scritti medici, composto a Bergamo nel 1469-70 per cura del medico Giovanni Cattaneo di Arzago (cod. Gamma 5.2della Biblioteca civica di Bergamo, ff. 211v-216v). Si tratta di Quedam bone recolecte secundum Forliviensem, che portano, alla fine, la seguente osservazione del curatore: “Iste recolecte si sint finite nescio: ego tum non plus inveni scriptorum in quodarn libro precioso, valde, scripto per dominum magistrum Guidonem de Carraria pergamensem. Si plus inveniam scriptis adiungam”. Sembra che Guido abbia scritto anche un trattato De pulsibus, dato che il Cattaneo (f. 239v in margine) accenna all'”opinio Guidonis de Carraria”, riferendosi a unafrase ricorrente nel trattato omonimo del figlio di Guido (“Sed Guido in suo de pulsibus capitolo tertio contradicit eis”). Bisogna però osservare che con la semplice menzione di Guido i compilatori di trattati medici rinviano normalmente a Guido da Cauliaco, e che quindi l’informazione del Cattaneo non è del tutto certa.
Il padre impose al C. un ampio programma di letture classiche, di modo che egli, già da ragazzo, sapeva recitare a memoria Virgilio. Nel 1458 il C. era a Padova, dove conseguì il titolo di dottore in medicina il 2luglio di quell’anno. Già aveva iniziato la sua attività letteraria: tra i componimenti poetici di questo periodo sono da ricordare gli epigrammi indirizzati ad umanisti meridionali, al Panormita e soprattutto al Porcellio, nonché l’Armiranda, lunga commedia autobiografica. A Padova inoltre il C. visse allora un’esperienza amorosa appassionata: nelle sue opere, infatti (come ad esempio nell’Egloga I), compare una donna padovana di nome Ursula, da cui egli ebbe un figlio, morto presto, assieme a sua madre, per la peste del 1458. In seguito, tornato a Bergamo, il C. vi iniziò la carriera di medico e vi sposò Margherita Proposulo, da cui ebbe due figli, morti prematuramente come la loro madre (cioè, secondo quanto conferma l’EglogaIV, nel 1464). Più tardi il C. sposò Elisabetta Comenduno, di famiglia avversaria a quella dei Suardi, cui apparteneva la madre del Carrara. A causa di questa situazione il C. decise di trasferirsi a Brescia. Con questo trasferimento, che avvenne nel 1468 all’incirca, iniziò un periodo di relativo benessere, anche se la sua attività professionale non fu sempre molto facile. Chiamato poi dalla città di Chiari, il C. vi esercitò la professione dal 1479 al 1483; scaduto il contratto preferì non rinnovarlo per recarsi al servizio del condottiero Roberto Sanseverino, il quale lo trattenne come medico personale fino alla metà del 1484. Nel 1486 il C. era a Valle San Martino, nel 1487 a Bergamo. Il 14 febbr. 1488 l’imperatore Federico III lo nominò conte palatino, volendo in questo modo metterne in rilievo specialmente le benemerenze acquistate in tempo di epidemie.
Il C. morì a Bergamo il 26 ott. 1490.
A parte tentativi settecenteschi di edizioni, dovuti a eruditi bergamaschi (G. Suardi, 1732; G. B. Contarini, 1757; G. A. Suardo, 1784), la produzione del C. sfuggì in gran parte all’interesse degli editori. Nel sec. XV fu stampato soltanto il De omnibusingeniis augende memorie, Bononiae 1491 (cfr. Indice generale degli incunaboli delle Biblioteche d’Italia, I, n. 148), che ebbe un rifacimento nel De memoria reparanda augenda servandaque, Basileae 1554, del medico bergamasco Guglielmo Grataroli (1516-1568), e un adattamento volgare di L. Dolce, Dialogo nel quale si registra del modo di accrescere e conservare la memoria, Venezia 1586. Inoltre il suo trattato De pulsibus venne incorporato in una miscellanea di scritti di autorità mediche ancora vivente il C., cioè a Bergamo nel 1469-70 (il citato codice Gamma 5.2 della Bibl. civica di Bergamo, ff. 239r-243v, curato dal Cattaneo).
Per il C. il mondo era centrato essenzialmente nel Bergamasco, che fu anche il retroscena della sua attività di umanista. Nel 1476, un anno circa dopo la morte del condottiero, egli pronunciò a Bergamo l’orazione funebre per Bartolomeo Colleoni. è sua anche l’orazione in lode di Ludovico Donati diventato vescovo di Bergamo. Una diffusione più vasta arrise, a quanto pare, alla orazione per Gabriele Rangone, oriundo di Chiari, che fu eletto cardinale nel 1477 e rientrò dall’Ungheria in Italia nel 1479. Prendono lo spunto da attualità venete anche le riflessioni sul libero arbitrio contenute nel trattato filosofico De fato et fortuna, dedicato a Francesco Pontano di Bergamo. Il giusto umanistico di tener d’occhio, in modo più o meno stilizzato, le vicende della propria vita trova espressione specialmente nell’opera Ad gloriosam virginem suarum calamitatum commemoratio, ma anche nel De choreis musarum sive de origine scientiarum, dedicato al Rangone. è autobiografico in questo senso anche il Bucolicum carmen, scritto tra il 1458 e il 1465, che fa largo posto all’attualità familiare e di cronaca (come ad esempio l’elezione di papa Paolo II o l’uccisione, a Napoli, del condottiero Iacopo Piccinino). Tra le opere poetiche del C. si annoverano anche circa 250 componimenti in latino e un’opera in terzine dantesche, la Comedia, in cui si descrive un viaggio extraterrestre paragonabile a quello del “doctor Dante”. Giocati sul registro moraleggiante sono i Sermones obiugatorii, 15 in tutto, alcuni scritti religiosi, come la De Iesu Christi omnium incarnatione oratio, pronunciata nel 1463 e dedicata al vescovo Giovanni Barozzi, o la Vita beate Clare de Montefalco.Non devono meravigliare la vastità e la varietà degli interessi del C.: egli, dottore di “arti e medicina”, rappresenta quella concezione degli studi che era particolare, nel tardo Medioevo, dell’università di Padova. Così, si hanno di lui anche una cosmologia (De constitutione mundi)* e diversi scritti di scienza. è interessante ricordare in questo contesto la divisione dello scibile in sei gruppi da lui adottata, secondo quanto troviamo esposto nel De choreis.Il primo comprende le scienze della parola (grammatica, dialettica, eloquenza, poesia); il secondo è formato dalle matematiche (aritmetica, geometria, prospettiva, astronomia, musica), da cui si distinguono come terzo gruppo tutte quelle attività umane (come ad esempio quelle dipendenti dall’odorato) che non si possono elevare a livello di scienza. Il quarto è il gruppo della filosofia morale (etica, monostica, economia, politica), il quinto quello della filosofia naturale (fisica, medicina, alchimia); l’ultimo è costituito dalle scienze cosiddette preternaturali (metafisica, teologia, gli “auctores”).
*[Annota il Vinay, p. 147, n. (1): “Il titolo esatto dell’opera potrebbe essere: Iohannis Michelis Alberti de Carraria Guidonis filii ad Bonifacium Montisferrati illustrisasimum principem de constitutione mundi libri. Il trattato forma il cod. G. II. 11 della Biblioteca Naz. di Torino. Esso è di scrittura quattrocentesca, di due mani, all’una delle quali è dovuto il testo, all’altra le aggiunte marginali e interlineari, le correzioni ed un foglietto volante; misura mm. 305 x 212 ed è di ff. 129 numerati più 1 – 4 nn. Figurandovi Bonifacio ancora come princeps anziché come marchio, essa deve essere anteriore all’83.”]
Dalle notizie autobiografiche contenute nel De choreis e nella Commemoratio si conclude che un numero cospicuo delle opere del C., talune di interesse maggiore, è andato perduto. Bisogna ricordare tra le esercitazioni umanistiche un commento “in rhetoricam Ciceronis”, a cui si riferisce una lettera di Ermolao Barbaro (Epistolae orationes et carmina, a cura di V. Branca, II, Firenze 1943, pp. 49 s.); il C. affermò inoltre di essersi occupato ampiamente, in 32 libri, della storia d’Italia. Dalle notizie suddette risulta inoltre che la Comedia interza rima doveva costituire solo una parte della sua produzione in volgare: è probabile che i quattro libri di Trionfi e le innumerevoli poesie che il C. afferma di aver scritto imitassero la maniera del Petrarca.
In quanto agli scritti di medicina, ce ne sono pervenuti tre, ossia quello sulla memoria e i trattati De pulsibus e De pestilentia.Ma nelle fonti autobiografiche compaiono altri titoli, non meno tradizionali: oltre a un’introduzione alla medicina stessa (Isagoge sive de introductione medici), vi sono citati un Regimen salutis, un commento agli Aforismi di Ippocrate e una trattazione su Avicenna, Questo elenco conferma il fatto che la medicina del C. si rifaceva ancora a un canone di tradizione nettamente scolastica, di cui la scuola di Padova per l’appunto era uno dei centri più importanti. È in questo contesto che si inserisce con molta probabilità la menzione di un Liber concordatoris, in cui siraccolgono “sentenze di più di seicento filosofi”, che non può non richiamare il famoso Conciliator di Pietro d’Abano. In tal modo non si rileva soltanto, nel C., il vario intrecciarsi di diverse forme espressive, ma anche e soprattutto l’assenza di quel conflitto che il Petrarca aveva espresso nel De sui ipsius et multorum ignorantia:nel C., cioè, coesistevano le correnti aristotelico-medievale e umanistica.
Bibl.: Il merito di aver esplorato la biogr. e le opere del C. spetta a G. Giraldi, cui si deve la verifica dei dati raccolti da A. Mazzi, Sulla biografia di G. M. A. C., Bergamo 1901. Sono importanti la sua Bibliografia delle opere di G. M. A. C., in Rinascimento, VI(1955), pp. 125-143 (cui è necessario rimandare per l’elencazione delle numerosissime opere edite, inedite e non pervenute del C.), e i suoi Contributi alla biografia di G. M. A. C., in Bergomum, XLIX (1955), 1, pp. 45-58. Le ediz. di testi usate dal Giraldi si trovano ora raccolte in G. M. A. Carrara, Opera poetica philosophica rhetorica theologica, a cura di G. Giraldi, Novara 1967. Bisognerà comunque ricordare almeno l’ediz. della Commemoratio, in Bergomum, XLIX (1955), 4, pp. 49-65, in cui “si sono scelti i passi ritenuti più significativi per la biografia e per la poesia del Carrara”, nonché l’ediz. completa delle Egloghe, in Giorn. stor. d. lett. ital., CXXXI(1954), pp. 548-574. Per l’Armiranda si v. A.Stäuble, La commedia umanistica del Quattrocento, Firenze 1968, pp. 93-96, 166, 174, 204; per il De constitutione mundi, L.Thorndike, in Romanic Review, XVII(1926), pp. 193-216. La concezione culturale dominante nello Studio di Padova è illustrata da P. O. Kristeller, Il Petrarca, l’umanesimo e la scolastica a Venezia, in La civiltà venez. del Trecento, Venezia 1956, pp. 149-178. Inquanto al padre del C., Guido, si vedano il Mazzi, passim, e il Giraldi in Bergomum (pp. 46 s.), in Rinascimento (pp. 137, 143) e nella sua edizione delle opere del Carrara (pp. V-VII).