Giovanni Giorgio

a cura di R. TAMALIO


Scheda pubblicata in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LVI, Roma 2000, pp. 338-340.
La presente scheda è stata inserita grazie alla autorizzazione rilasciata dall’ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA fondata da Giovanni Treccani [Prot. 495/04/DE del 19 novembre 2004] che si ringrazia per la disponibilità.


Zo Zorzo, Gio Giorgio, Gian Giorgio – Nacque a Trino diMonferrato il 20 genn. 1488, secondogenito del marchese del Monferrato Bonifacio III e di Maria di Serbia, figlia del despota serbo Stefano Brankovic; in onore al santo venerato in quel giorno ricevette anche il nome di Sebastiano.
In seguito alla morte dell’anziano padre, nel 1494, e poi della madre nel 1495, fu posto, insieme con il primogenito Guglielmo, sotto la tutela dello zio materno Costantino Arianiti Cominato, duca di Macedonia il quale, in esecuzione delle volontà testamentarie del defunto marchese, assegnò a G. i castelli e i luoghi di Mombello e Morano. Essendo suo fratello destinato alla successione, G. fu avviato alla vita ecclesiastica affinché potesse seguire l’esemplare carriera dello zio, il cardinale Teodoro. Ben presto, nel 1509, fu eletto commendatore della ricca abbazia di Lucedio e protonotario apostolico. L’anno seguente il pontefice Giulio II lo nominò coadiutore del primo vescovo di Casale, Bemardino Tibaldeschi, alla morte dei quale, nel 1517, G. assunse in pieno la carica episcopale nelle vesti di amministratore e commendatario della diocesi di Casale.

Sebbene sia spesso ricordato come il secondo vescovo tra coloro che si succedettero nella diocesi di Casale Monferrato, egli non fu mai consacrato vescovo, ne ricevette gli ordini sacri. Tuttavia svolse con dignità il proprio esercizio pastorale, annoverando tra i provvedimenti adottati l’emanazione di alcuni atti riguardanti la riforma dei costumi dei clero al fine di affermare una condotta di vita esemplare.
Non era andata però nello stesso senso la sua condotta se, già nel 1518, da una relazione con una donna “di bassa condizione” (Davari, 1891, p. 69), gli era nato un figlio, cui diede il nome di Flaminio.

Già alla morte del fratello Guglielmo nel 1518, egli si era affiancato alla cognata nella reggenza dello Stato e nella tutela del nipote Bonífacio, di soli sei anni e unico figlio maschio dei defunto marchese; sul finire del 1524 rinunciò quindi definitivamente alla carica episcopale per assistere più efficacemente Anna di Alençon, madre del piccolo, nel governo del Monferrato. In tale periodo assistette direttamente alle intricate vicende politico-matrimoniali che dal 1517 legavano il marchese di Mantova Federico Gonzaga a sua nipote Maria Paleologo.

Nel 1517 si era celebrato a Casale Monferrato il matrimonio tra Federico e Maria la quale – aveva appena otto anni -, rimase presso i genitori in attesa del compimento del quindicesimo anno dì età, allorché il Gonzaga avrebbe dovuto condurla a Mantova. Nel 1524, l’anno stabilito, Federico tergiversava, ammaliato dalla sua amante Isabella Boschetti. Nel 1528 egli approfittò persino del tentativo di avvelenare la Boschetti, organizzato dal marito, per volgere la situazione a proprio favore incolpando la marchesa del Monferrato e sua figlia Maria, motivando l’accusa con la loro presunta gelosia: un pretesto addotto dal Gonzaga per chiedere al papa lo scioglimento del matrimonio. Clemente VII stette al gioco ed emise il 6 maggio 1529 a favore di Federico, suo gonfaloniere, una sentenza di annullamento. In tal modo il Gonzaga era di nuovo in grado di potersi scegliere il partito matrimoniale più vantaggioso, magari in ambito imperiale. L’occasione si presentò nel marzo del 1530 quando, di ritorno dalla solenne incoronazione di Bologna, l’imperatore Carlo V soggiornò a Mantova per oItre un mese concedendo a Federico una moglie – sua zia Giulia, d’Aragona – più vecchia del Gonzaga di otto anni e il titolo di duca.

Dopo la prematura e accidentale morte di Bonifacio, avvenuta nel giugno del 1530 gli successe G.: alla sua morte – che si prevedeva prossima considerato che la sua salute era andata peggiorando negli anni per una lenta malattia intestinale, aggravata anche da disordinate abitudini alimentari -, Maria, la sposa ripudiata da Federico, avrebbe ereditato il Monferrato. Resosi conto, dell’errore commesso, il duca di Mantova si mosso presso l’imperatore, il papa e la marchesa madre del Monferrato perché riconoscessero valide le nozze contratte nell’ormai lontano 1517. Quando il 20 sett. 1530 fu firmato da Clemente VII il breve invocato, esso si rivelò dei tutto inutile, giacché Maria Paleologo era morta cinque giorni prima. La marchesa del Monferrato offrì quindi in moglie al Gonzaga l’altra figlia Margherita, che avrebbe ereditato il Monferrato, e la proposta fu prontamente accettata: venti giorni dopo erano infatti già firmati i capitoli delle nozze. Il matrimonio fu celebrato nell’ottobre 1531.
Al possesso del Monferrato aspiravano tuttavia anche il duca di Savoia e il marchese di Saluzzo, forti del diritto che potevano far valere su quei territori in caso di estinzione della linea dei Paleologo con G., ma fu il duca di Mantova, in occasione della seconda visita di Carlo V a Mantova, nel novembre 1532, a ottenere dall’imperatore la promessa di riconoscere l’investitura del Monferrato per Margherita Paleologo in caso di morte di G. senza discendenza legittima. Per facilitare quest’ultima condizione, Carlo V coglieva l’occasione per accasare finalmente la non più giovane Giulia d’Aragona, figlia dei defunto re di Napoli Federico e di Isabella Del Balzo, proponendo dì darla in moglie a Giovanni Giorgio. In precedenza (1531), per scongiurare l’estinzione della linea maschile dei Paleologo.e il rischio di divenire sudditi del signore di Mantova, la nobiltà di Casale devota a G. aveva tentato di sollecitarlo a legittimare il figlio naturale Flaminio sposandone la madre, rimasta nel frattempo vedova in circostanze che a Mantova si pensavano sospette. Contraria a tale progetto, Anna d’Alençon, rimasta sempre favorevole alle nozze di sua figlia con Federico Gonzaga e al possesso del Monferrato per il suo genero, si oppose, facendo sollecitamente risposare la donna, a un altro uomo, il quale per prudenza fu condotto a Mantova e affidato al Gonzaga. Dopo aver investito Flaminio, nell’aprile 1532, del feudo di San Giorgio Monferrato con Caluso, benefici che furono confermati successivamente dal Gonzaga, G. accettò le nozze propostegli dall’imperatore, che si svolsero per procura il 29 marzo 1533 a Ferrara, dove Giulia d’Aragona viveva esule con la madre Isabella Del Balzo. L’atto matrimoniale alla presenza di entrambi gli sposi, con il Paleologo giacente ormai in fin di vita, fu rogato nel castello di Casale il 21 aprile.
Nello stesso luogo G. moriva qualche giorno dopo, il 30 apr. 1533: con lui si spegneva definitivamente la dinastia dei Paleologo marchesi del Monferrato.

La sua salma fu tumulata accanto a quella dei suoi predecessori nella chiesa di S. Francesco, dove rimase fino al 1834, allorché, in seguito alla distruzione della chiesa, fu trasportata nella chiesa di S. Domenico. Con il diploma imperiale del 3 nov. 1536, che riconosceva definitivamente il diritto di successione a sua nipote Margherita, il Monferrato diveniva feudo dei duchi di Mantova.


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