Fede e cultura nel Monferrato di Guglielmo e Orsola Caccia
di Timothy Verdon e Andrea Longhi
Editore: Aleramo onlus – Casale Monferrato
Guardando all’attività pittorica di Guglielmo Caccia stupisce la diffusione capillare dei suoi dipinti, sparpagliati in ogni contrada piemontese per spingersi sin nel mantovano ove visse e nei territori sabaudi. Una diffusione pittorica dedicata ai semplici. È pur vero che egli si adegua alle indicazioni suggerite dal codice tridentino, ma è innata la sua capacità di parlare al cuore dei contadini, egli pure nato in un piccolo borgo monferrino, Montabone. Ed è forse questa sua religiosità semplice a catturare l’amore degli umili che lo hanno difeso, nel tempo, così che oggi le sue opere si rintracciano in piccoli paesi lontani dalle rotte turistiche, e vanno a costruire una Pinacoteca Diffusa sul territorio, che induce una visita lenta, alla ricerca di suggestioni e emozioni. Guglielmo e Orsola, padre e figlia, legati dalla stessa Fede e dalla stessa passione. E Orsola è allieva del padre ma autonomamente sviluppa una sensibilità e una raffinatezza che forse a Guglielmo difettano.
Collaborazione la loro, forse per qualche opera, perché mancò il tempo non certo per loro scelta. Lo dimostra la richiesta accordata a Guglielmo di poter accedere al convento costruito per le figlie monache, attraverso un uscio interno. Desiderio di comunicazione e di cooperazione. Così diverso il loro rapporto artistico e affettivo dal tormentato legame di Artemisia con il padre Orazio Gentileschi. Così diverso il mondo ove vissero le due artiste anche se pressoché coetanee.
E allora occorre ampliare lo sguardo e guardare oltre, chiedendosi perché il Seicento sia secolo poco amato e perché lo si immagina come un periodo oscuro e vincolato a una visione opprimente e limitata.
San Carlo Borromeo con il codice tridentino volle dare un manuale chiaro e utile ai parroci, anche ai parroci di contrade lontane dai centri culturali e di potere. Sono loro i destinatari degli articoli del codice nato dal Concilio di Trento, e in quegli articoli è possibile intravedere, nel bene e nel male, l’inizio di una nuova era nella quale si innestano le radici dell’oggi. È per arginare il pericolo della riforma calvinista che i parroci sono invitati a lasciare il latino per parlare alle anime loro affidate in un linguaggio più chiaro e più semplice, per spiegare e illustrare le verità di Fede, quelle che la ragione riesce a percepire ma non a conquistare definitivamente.
È lì che, nonostante tutto, si legge la forza della ragione e del ragionare di fede, e lì che si ricorda che le cose ultime sono state manifestate ai semplici, perché solo la conoscenza può impedire di perdere il retto cammino, è per questo che i pastori sono investiti della responsabilità di fornire gli strumenti di comprensione perché i fedeli siano preparati ad affrontare il mondo e i falsi profeti. Non un popolo ottuso, ignorante e obbediente, ma un popolo obbediente alla Chiesa in quanto consapevole del suo ruolo.
E tutto ciò sollecita una lettura del contesto storico e artistico del ‘600, del “moderno” che si insinua e poi esplode nella musica, nella letteratura, nelle arti teatrali, nell’architettura, nei giochi di corte e delle feste, nelle maschere popolari, nella devozione dei Sacri Monti. Richiede uno sguardo attento alla nascita di una comunità ebraica che vive e convive con quella cattolica anche in Monferrato. Promuove una ricerca amplia e una lettura priva di preconcetti e di pregiudizi. Il testo si propone come un percorso nell’arte del Seicento della Controriforma, che è un viaggio nella bella terra del Monferrato e oltre, ma che è, ancora e di più, una discesa nell’anima per lasciarsi “toccare” e così far vibrare corde forse irrigidite, quelle corde dell’anima che aprono la via a una visione della Fede più intima, più intensa, più semplice.
E così, seguendo la via di Guglielmo, si suggerisce di partire dalla sua visione della fede e dai luoghi ove ha vissuto e che ha amato, per allargare lo sguardo a quel mondo seicentesco, poco conosciuto e per questo poco amato. Dal mondo della Controriforma che riscopre la Fede e, vincolato in rigide regole, inventa e immagina nuovi orizzonti e nuovi modi di raccontare e raccontarsi, torniamo al fine, rinnovati e arricchiti, a guardare con occhi nuovi le opere di Guglielmo e di Orsola Caccia.
Maria Rita Mottola
presidente
A. L. E. R. A. MO. Onlus