Barzizza Guiniforte

(Guinifortus Barzizius, Bargigius, de Barziziis)  di G. Martelletti in Dizionario biografico degli italiani, Cfr. www.treccani.it

[Chiamato a Corte dal Marchese di Monferrato Giovanni III intorno al 1450 (Vinay, 125 – 126)]

 Figlio terzogenito di Gasperino, nacque a Pavia al principio del 1406; aveva 32 anni compiuti il 19 marzo 1438, quando annunciava al fratello Giovanni Agostino e al cugino Cristoforo il proposito di sposarsi (Furietti, II, p. 114). Seguì gli studi nella direzione indicatagli dal padre, che lo ebbe carissimo tra i suoi figli, anche se di rado lo tenne presso di sé. Nel 1412 era a Venezia, affidato alle cure del cugino Giovanni, il figlio maggiore di Giacomo; forse nel 1416, certo prima del 1419, fu introdotto dal Guarino allo studio del greco. Nel 1421 si trasferì a Pavia, dove si addottorò in arti: ci resta l’orazione da lui tenuta nell’assumere le insegne, che ha la data del 30 marzo 1422, e una lettera del padre a Giovanni Agostino, vibrante di tenero orgoglio. Nell’ottobre seguente raggiunse Giovanni Agostino a Padova, per compiervi gli studi di diritto sotto la guida di Raffaele Fulgosio; era ancora a Padova nel 1424. Da una supplica del padre al duca Filippo Maria Visconti sappiamo che l’università degli artisti e dei medici di Pavia fece difficoltà ad accoglierlo nel proprio ordine, perché non aveva ancora vent’anni. Nel biennio 1425-1427 fu ammesso a professare filosofia morale, nell’università di Pavia, “in diebus festis”. Subito dopo la morte del padre, il 18 febbraio 1431, diresse una supplica al duca, chiedendo di succedergli nella cattedra o almeno di essere incaricato di un corso parallelo, accanto ad Antonio da Rho (la supplica, pubblicata acefala dal Furietti, II, pp. 10-15, si conserva intera nel cod. Ambr. H 192 inf.); e pare abbia cominciato privatamente un corso, di cui ci resta una breve prolusione. Ma nello stesso anno fu chiamato a Novara dal vescovo Bartolomeo della Capra, e vi tenne un corso su Terenzio e sul De officiis di Cicerone: anche di questo ci resta la prolusione, in cui è messo in rilievo il valore educativo delle commedie terenziane.
Nel 1432, per i buoni uffici di Ugo di Villafranca, il B. passò in Catalogna al servizio di Alfonso d’Aragona, che accompagnò nella guerra contro Tunisi, partecipando alla conquista dell’isola di Gerba; e una descrizione di questa impresa ci lasciò in una lettera, da Siracusa, al Capra. Tornato a Milano nel 1433 con un messaggio del re, e colpito nell’anno seguente da grave malattia, in seguito alla quale i medici gli proibirono ogni mutamento di clima, pregò il re di lasciarlo a Milano, dove il Visconti lo nominò vicario generale. Il 30 nov. 1434 fu chiamato all’università di Milano con il salario di 400 fiorini annui, e il 13 genn. 1435 salì ufficialmente sulla cattedra che era stata del padre, con una prolusione sulle Epistolae di Seneca e sulle opere retoriche di Cicerone. L’insegnamento durò soltanto fino al 1441, ma da allora fino al 1447 il B. ricevette ugualmente l’onorario (elevato a 600 fiorini nel 1444), a compenso dei servigi resi come segretario del duca.
Nell’agosto 1435 il re Alfonso d’Aragona, battuto a Ponza dai Genovesi, era venuto a Milano, prigioniero del Visconti, insieme col fratello Enrico. Durante la prigionia, che in realtà durò poco, perché ai primi di ottobre dello stesso anno Alfonso e il Visconti avevano già firmato gli accordi per un’azione comune, il B. si adoperò al servigio dei suoi vecchi padroni, e in favore del loro segretario, e suo amico, Giovanni Olzina.
Nel marzo 1438 sposò Caterina dei Malabarba di Milano; e ciò gli diede occasione di scrivere più di una lettera in favore del matrimonio. Circa il 1440 ebbe dal Visconti l’incarico di commentare la Commedia di Dante, e si accinse all’impresa sebbene non se ne nascondesse le difficoltà: ci resta, di questo suo lavoro, una “esposizione” in volgare di tutto l’Inferno, e una lettera in latino a Giovanni di Abiate, camerario del duca, che è quasi una prefazione e una dedica dell’opera. È possibile che si sia valso in essa delle note apposte dal padre alla sua copia della Commedia; non vi mancano d’altra parte accenni ad esperienze personali, soprattutto dei viaggi compiuti al servizio del re Alfonso. Tra le missioni ufficiali, svolte per incarico del Visconti, vanno ricordate le ambascerie presso i pontefici Eugenio IV e Niccolò V.
Nel 1447, morto il Visconti, passò a Monferrato presso il marchese Giovanni Paleologo, poi nel 1448 a Ferrara presso Borso d’Este, che lo mandò oratore all’imperatore Federico III. In questa missione il B. si valse dell’aiuto di Enea Silvio Piccolomini, come ebbe poi a ricordargli in una lettera di congratulazioni per l’elezione a pontefice. Nel 1451 fu inviato da Giovanni Paleologo ai funerali di Amedeo VIII di Savoia e vi tenne un’orazione alla presenza del duca Ludovico di Savoia.
Nel 1455 era ancora a Ferrara, dove gli giunse un primo invito da parte di Francesco Sforza, che lo voleva a Milano per affidargli l’educazione del figlio Galeazzo Maria; il B., a quanto sembra, tardò a muoversi da Ferrara; ma il 2 maggio 1457 lo troviamo in piena funzione di pedagogo. Di questa sua attività siamo largamente informati, anche attraverso una serie di lettere in latino e in volgare, scritte durante i viaggi del pupillo alla madre di lui, la duchessa Bianca Maria. Egli accompagnò infatti il giovane Visconti in una visita a Borso d’Este nel luglio-settembre 1457 e poi, nella primavera del 1459, a Firenze, dove il 27 aprile s’incontrò con Pio II, diretto alla dieta di Mantova; in quella occasione Galeazzo Maria recitò al papa umanista un’orazione latina compostagli dal Barzizza.
Il 9 marzo 1460 (“septimo idus Martii”: Furietti, II, p. 152) perdette la moglie amatissima Caterina, dalla quale aveva avuto numerosi figlioli (si conosce il nome di Giovanni Paolo e Gaspare Ambrogio); ed egli stesso morì a Milano alla fine di settembre del 1463 (cfr. A. Cappelli, p. 431).
Nonostante i precoci inizi e le grandi speranze che il padre aveva riposto in lui, i meriti del B. come umanista non sono grandissimi: troppo spesso lo distolsero dagli studi gli obblighi e le ambizioni della sua vita di cortigiano. Ma proprio per questo le sue orazioni e le sue lettere sono tanto più interessanti di quelle del padre, e spiacevole è la mancanza di uno studio d’insieme che ne inquadri la figura storicamente. Oltre alle orazioni e alle lettere, molte delle quali tuttora inedite, e all’esposizione dell’Inferno dantesco, che fu rintracciata a principio del sec. XIX in due manoscritti francesi, l’Argelati (Bibl. script. Med., II, Mediolani 1745, col. 2065) nomina due codici, non rintracciati finora, contenenti l’uno le tragedie di Seneca con note autografe del B., l’altro un’esposizione dei sonetti del Petrarca. Ampie citazioni dal Canzoniere e dai Trionfi sono nella più lunga tra le lettere in difesa del matrimonio, del 1439 (Furietti, II, pp. 122-131): è questa quasi un trattato sull’amore, con cui il B. si inserì nella disputa umanistica de re uxoria: Giovanni Pontano ribattè in difesa del libero amore. Il breve scritto De liberis educandis, almeno nella forma edita dal Furietti (II, pp. 175s.), altro non è che un sommario dell’opera omonima di Plutarco.
Fonti e Bibl.: Molte tra le orazioni e le lettere sono edite da G. A. Furietti nel secondo tomo dell’opera Gasparini Barzizii et Guiniforti filii opera, Romae 1723; per un altro gruppo di lettere, di cui 25 inedite, contenute in un codice della Comunale di Ferrara, v. R. Sabbadini, Notizie sulla vita e gli scritti di alcuni dotti umanisti del sec. XV, G. B., in Giorn. stor. d. letterat. ital., VI (1885), pp. 170-176; alcune lettere, in Guarino Veronese, Epistolario, a cura di R. Sabbadini, II, Venezia 1916, e in R. Cessi, Cristoforo Barzizza medico del sec. XV, in Bollettino d. civ. bibl. di Bergamo, III, 1(1909), pp. 15 ss. Le lettere, in latino e in volgare, alla duchessa Bianca Maria in A. Cappelli, G. B. maestro di Galeazzo Maria Sforza, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XXI (1894), pp. 399-442; cfr. anche D. Orano, Lettera di G. B. alla duchessa Bianca Maria Sforza (31 ag. 1457), Roma 1900. Il commento a Dante: Lo Inferno della Commedia di Dante Alighieri col comento di Guiniforto delli Bargigi, con introd. e note dell’avv. G. Zacheroni, Marsilia-Firenze 1838; cfr. anche G Finazzi, Di G. B. e di un suo commento sull’Inferno di Dante recentemente pubblicato, Bergamo 1845. In generale, cfr. R. Sabbadini, in Encicl. ital., VI, Roma 1930, p. 262; per qualche precisazione biografica relativa ai primi anni, R. Cessi, Di alcune relazioni famigliari di Gasparino Barzizza, in Scritti vari in onore di R. Renier, Torino 1912, pp. 737-46; notizie sul B. sono del resto in quasi tutti gli studi che si occupano di Gasparino. Per la carriera universitaria, v. Z. Volta, Dei gradi accademici…, in Arch. stor. lombardo,s. 2, XVII (1890), pp. 557 s.; Cod. dipl. dell’univ. di Pavia, II, Pavia 1913, pp. 200 (ove è edita l’orazione tenuta nel ricevere le insegne del dottorato), 221-230, passim, 333-519, passim. Una lettera del Visconti (24 sett. 1442) che gli attribuisce, con la provvisione di 400 fiorini annui, le prerogative già avute dal segretario Urbano de Iacoppo, in G. P. Bognetti, Per la storia dello Stato visconteo, in Archivio storico lombardo, s. 6, LIV (1927), p. 301.